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Edicole, una strage continua (di Gaetano Caterina)

Secondo il New York Times il Molise rientra tra le 50 mete da visitare nel corso del 2020. Dato che inorgoglisce ma che non può coprire altri dati che testimoniano di una costante regressione sia demografica che culturale che il Molise subisce secondo una tendenza nazionale che pare inarrestabile. Non perdiamo infatti solo residenti come ormai avviene in maniera più incisiva in tutto il meridione d’Italia, ma anche e soprattutto perdiamo in cultura con una costante diminuzione sia di edicole che di librerie, soprattutto indipendenti.

Secondo i dati diffusi dalle Camere di Commercio le edicole attive, registrate in provincia di Campobasso, fino al 31 dicembre 2009 erano 54 e 17 in provincia di Isernia. A dieci anni di distanza e precisamente al 30 settembre 2019 a Campobasso le edicole sono diventate 35 mentre ad Isernia si è passati da 17 a 18 punti vendita, un po’ come accade nel resto del paese.

Negli ultimi 15 anni in Italia hanno tirato giù le saracinesche ben 26 mila edicole, numeri distribuiti in maniera abbastanza omogenea su tutto il territorio nazionale.

A Milano per esempio nell’ultimo decennio si è passati da 900 a 480 edicole.

A Palermo il loro numero, nello stesso periodo, è diminuito da 250 a 120 punti vendita.

Qualche giorno fa ha chiuso anche a Perugia l’edicola di piazza Matteotti nel pieno centro storico del capoluogo umbro dove sono rimaste in vita appena cinque rivendite di giornali.

A Bologna muoiono perfino le edicole nei centri commerciali.

Non va meglio a Torino dove ha ultimamente chiuso l’edicola internazionale di piazza Statuto, piazza che nell’ultimo decennio è passata da quattro a zero edicole.

Cosi come a Napoli dove negli ultimi cinque anni hanno chiuso 90 edicole.

Una strage continua forse più cruenta di quella toccata alle librerie indipendenti. Con un ulteriore distinguo: gli edicolanti che si ostinano a vendere soltanto giornali sono ormai mosche bianche. In tutta la penisola raggiungono a mala pena le cinquemila unità.. E anche quelli che hanno anche la vendita di prodotti editoriali come attività prevalente sono passati da 18.77 nel 2013 a 14.730 alla fine del 2018, con un decremento di 3347 unità nel giro di cinque anni. Con un ulteriore calo complessivo del fatturato nel 2019 del 10 per cento.

Inoltre secondo Confesercenti sei edicole su dieci hanno un utile inferiore a 10mila euro annue, circa cioè ottocento euro mensili. Secondo lo Snag, sindacato autonomo dei giornalai chi riesce ancora a salvarsi lo fa grazie al commercio e non alla stampa.

Una ricarica telefonica, un gratta e vinci, un biglietto dell’autobus, un giocattolino per i bambini, gadget vari, bustine con i personaggi dei cartoon, tendenza già intuita e anticipata dall’accordo stipulato da Confesercenti cinque anni fa con Indabox, una società logistica delle Poste che prevedeva per l’edicolante il compenso di un euro e cinquanta per ogni pacco tenuto in consegna. Venti centesimi è invece la somma pagata da Amazon per custodire e consegnare al destinatario un proprio pacco. Una situazione considerata cosi allarmante che si ripetono un po’ a macchia di leopardo le iniziative di singoli consiglieri o gruppi politici che sulla scia del modello rappresentato dal comune di Firenze chiedono alle rispettive amministrazioni di appartenenza di deliberare sgravi fiscali, esenzioni e agevolazioni su Tosap e Cosap per i proprietari e i gestori delle edicole nel proprio territorio comunale. Non essendo risultata efficace la misura adottata del credito di imposta sulle spese fino a duemila euro, decisa dal precedente governo. Con il paradosso che mentre si moltiplicano le iniziative per fermare l’emorragia in corso gli edicolanti hanno avuto la sorpresa di vedersi ridurre da 18.50 a 17.50 per cento l’aggio sui prodotti allegati ai giornali come conseguenza delle politiche di prezzo adottate dalle case editrici il cui accordo nazionale è scaduto da dieci anni. Di qui la richiesta di rinnovo avanzata dalle O.S. di categoria alla FIEG, la federazione degli editori contenente la richiesta dell’aumento di 10 centesimi a copia venduta, da aggiungersi all’aggio normale, da ripartirsi nel modo seguente: sei centesimi agli edicolanti, tre alla distribuzione, un centesimo per incrementare il fondo che finanzia l’ammodernamento delle edicole. Per lanciare all’opinione pubblica l’ennesimo grido di allarme il 29 gennaio us. in tutta Italia si è dato vita alla notte bianca delle edicole, iniziativa indetta dal Sinagi-Slc Cgil in ogni città unitamente ad una raccolta di firme per l’appello “salva edicole” da presentare al presidente Mattarella. Sul presupposto che le edicole oltre ad essere presidi di legalità sono fondamentali per la cultura e l’informazione, il comune di Napoli ha deciso di dar vita ad un progetto pilota per far stampare agli edicolanti il certificato anagrafico, iniziativa che unitamente alla misura del tax credit finanziato nella nuova legge di bilancio con 17 milioni di euro con cui si è deciso di destinare agli edicolanti una parte delle sovvenzioni previste per l’editoria si spera di compensare il cronico calo di vendite di giornali e soprattutto di lettori.

Insomma correre all’edicola quale rito quotidiano che fino ad alcuni anni fa ci collegava al mondo diventa sempre più difficile da realizzare. Naturalmente le cose non sono sempre andate cosi. Fino infatti agli inizi degli anni novanta, complici anche i fatti di tangentopoli e le copie vendute che sfioravano i sette milioni, è andata benissimo. Poi il lento declino in coincidenza con l’espansione dell’informazione tecnologica e di internet con l’effetto immediato di una diminuzione dei punti vendita da 34 mila a 27.500 in meno di otto anni. Nel mentre fioriscono nuove idee per rilanciare l’edicola quale luogo per esplorare e leggere, magari confortevole, oggi le edicole sono di appena 16/20 metri quadrati e a rischio estinzione.

A tal proposito segnalo il progetto del Corriere della Sera “l’edicola del futuro” che intende realizzare un prototipo da esporre alla Design Week 2020, in programma a Milano dal 21 al 26 aprile. Dopo aver lanciato questo concorso di idee sono stati selezionati sette architetti ciascuno dei quali presenterà un concept e tra essi verrà selezionato il vincitore che meglio degli altri sarà riuscito a trasformare l’edicola da oggetto standard, senza carattere e monofunzionale a oggetto metropolitano capace di cambiare vita e utilizzo nell’arco della giornata.. Centro insomma amichevole e sostenibile del quartiere in cui fermarsi non solo per acquistare un quotidiano.

Librerie in crisi, oltre 2300 chiuse negli ultimi 5 anni. Molise compreso.

Stessa tendenza anche se con numeri meno drammatici la situazione delle librerie su tutto il territorio nazionale.

Anche nella nostra regione infatti, sempre secondo i dati forniti dalle Camere di Commercio, si è passati da 21 librerie attive, 18 nella provincia di Campobasso e 3 in quella di Isernia al 31 dicembre 2009 a 18 punti vendita, 15 nella provincia capoluogo e tre sempre ad Isernia al 30 settembre 2019.

A Campobasso nel 2014 ha chiuso i battenti la storica libreria di via Veneto di Michele e Damiano Paparella. Sempre nel capoluogo ad aprile 2017 ha cessato di sopravvivere la libreria di viale Manzoni di Antonello Iannone, Ed invece a fine novembre dell’anno scorso si è arresa alla crisi del mercato la libreria Il Ponte sita in Corso Nazionale a Termoli di Luigi e Diva Vitulli.

Fra il 2012 e 2017, considerando pure le cartolibrerie diffuse soprattutto nei piccoli centri e nelle periferie sono scomparsi 2332 punti vendita di libri..

Con la conseguenze che in termini occupazionali sono scomparsi anche 4596 posti di lavoro, oltre al 13,5 per cento delle imprese.

Il risultato è che in un paese, come il nostro, nel quale il 60 per cento della popolazione non tocca un volume, esattamente come 17 anni fa, ci sono tredici milioni di persone che pur volendolo fare non possono, parliamo cioè di quasi il 22 per cento degli italiani.

Da Nord a Sud la tendenza sembra inarrestabile. A fine anno a Torino, in piazza Arbarello ha chiuso la libreria Paravia, la seconda più antica d’Italia, aperta dal 1802, di proprietà di due sorelle Sonia e Nadia Calarco; mentre ad inizio 2020 a Portu Sant’Elena centro di 70 mila abitanti alle porte di Cagliari ha chiuso Car.li, l’ultima vera libreria rimasta in quella città.

A Milano ha chiuso invece la libreria all’interno dell’ospedale Niguarda e a Ragusa la libreria Paolino.

A Roma dopo il secondo incendio ha deciso di non riaprire la serranda La Pecora Elettrica, subito dopo la chiusura della storica Libreria del Viaggiatore seguita in ultimo dalla chiusura della Feltrinelli International.

Insieme alla ecatombe delle edicole la chiusura delle librerie rappresenta, a parere di molti, un problema di democrazia. La situazione che si è venuta a creare lascia infatti intere comunità prive della possibilità di documentarsi, studiare, arricchire la propria cultura. E questo non può che impattare negativamente anche sul funzionamento stesso della democrazia, anche se meno evidente nei numeri rispetto al calo delle edicole.

Da anni ormai l’associazione dei librai presieduta da Paolo Ambrosini insiste su alcune richieste come quella di alleggerire il peso fiscale introducendo detrazioni simili a quelle per le spese mediche o l’attività sportiva dei figli, magari partendo dai libri scolastici.

E se il sistema delle librerie deve da un pò di anni vedersela con il commercio online rappresentato soprattutto da un colosso come Amazon che in Italia di certo non paga le tasse normalmente pagate dalle imprese italiane; i librai più piccoli subiscono negativamente anche il meccanismo degli sconti del 15 per cento che le grandi catene ed i grandi editori hanno praticato di regola su molti titoli almeno fino a qualche giorno fa.

Dal 5 febbraio u.s. infatti con l’approvazione dal parte del Senato del ddl già passato alla Camera anche l’Italia ha una “legge sulla lettura”, anche se con molte polemiche. La prima riguarda l’articolo 18 del nuovo testo che abbassa dal 15 al 5 per cento il limite massimo di sconto sul prezzo di copertina, seguendo l’esempio della Francia.

La nuova regolamentazione fissa inoltre dei paletti preziosi a vantaggio delle biblioteche predisponendo nuovi finanziamenti per la promozione della lettura, aumenta le risorse del Centro per il Libro, prevede una card di 100 euro per i lettori in difficoltà, istituisce ogni anno una Capitale del Libro favorendo nuovi patti locali per chi opera nel mondo delle pagine scritte.

I primi a gioire sono state le piccole librerie indipendenti che in questi anni avevano subito la pratica degli sconti del 15 per cento sostenuta da Amazon e dalle librerie di catena che potranno anche beneficiare di incentivi fiscali se con fatturati annui inferiori ai ventimila euro.

Con la nuova legge è stato anche istituito un albo che raccoglierà le librerie di maggiore qualità. Al fianco delle piccole librerie, in difesa della nuova legge che rende più equo il mercato del libro si sono schierati anche gli editori indipendenti.

Sul fronte opposto si è schierata l’Associazione Italiana degli Editori che rappresenta la quasi totalità della produzione universitaria e scolastica ed il 78 per cento della varia, che ipotizza, quale conseguenza della nuova legge, la perdita di circa 2000 posti di lavoro, conseguente al calo delle vendite che potrebbe essere compensata, a parere degli editori, solo da un immediato rafforzamento della Carta del Cultura per i diciottenni oltre alla detrazione fiscale per l’acquisto dei libri. E’ opportuno evidenziare che la riduzione degli sconti non riguarderà i testi scolastici per i quali resta il margine del 15 per cento.

Con questa legge il Parlamento all’unanimità riconosce l’importanza strategica della lettura, recependo e facendo propria la nuova battaglia sulle “piazze del sapere”, cioè le biblioteche che animano mille iniziative, diventando luoghi di incontri privilegiati nei quartieri delle nostre città. Non tutto sembra però perduto. In controtendenza con quanto sta accadendo nell’ultimo quinquennio, un anno fa a Firenze Elena Molini giovane 37enne con master in editoria, intendendo i libri come cura, ha aperto la Piccola Farmacia Letteraria, una libreria di 35 metri quadrati dove ogni libro ha la sua etichetta, il bugiardino appunto, con le indicazioni proprio come una medicina per curare i vari stati d’animo. Così come ha fatto Fabio Masi librario cinquantenne che dopo l’isola di Ventotene nel 2001 (la libreria si chiama L’ultima spiaggia) ha aperto altre due piccole librerie a Camogli ed a Genova, inventandosi anche piccolo editore di libri di storia locale. Piccoli esempi per andare avanti e sopravvivere in attesa che la nuova legge sulla lettura fornisca segnali significativi per una inversione di tendenza ed in attesa di una legge per il cinema. Ma questa è già un’altra storia.

A cura di Gaetano Caterina