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“I Figli del Toro” di Nicola Mastronardi: quando la letteratura può contribuire alla coscienza di una identità! (di Giuseppe Zio)

“Fu dunque guerra anche quel giorno. Cruda, violenta, spaventosa. Gli uomini, incuranti dell’ammonimento degli Dei, diedero vita al feroce spettacolo di ogni tempo, quando l’odio trionfa e il dono della vita è disprezzato. Un massacro da una parte e dall’altra. Il Dio Sole inorridì e avrebbe voluto essere dispensato dal compito di illuminare la Terra, quel giorno, per non assistere a tanta barbarie. Il sangue, linfa di vita, fu disperso in abbondanza tra l’erba della grande pianura. Alla fine gli uomini di una parte morirono in numero minore e dissero di aver vinto.” Queste poche righe sono all’inizio nel “multiprologo ” che Nicola Mastronardi ci regala nelle prime pagine del suo ultimo Romanzo Storico “I figli del Toro” (Volturnia Edizioni). Questo libro, benché racconti l’epopea della guerra sociale e della nascita della Federazione italica, che si contrappose alla Roma di Mario e Silla, parla di pace più che di guerra, parla più di donne che di soldati, parla più della bellezza della natura che della stoltezza della carneficina, parla più di nobili animali che di miseri umani, parla più di ideali che di violenza anche se alla fine, la guerra e le violenze, la furbizia e l’opportunismo, l’interesse di ciò che abbiamo, hanno la meglio e lo hanno avuto nel corso dell’intera storia del genere umano. In queste pagine si stagliano le personalità di Gavio Mutilo e di Quinto Silone, di Numerio o di altri comandanti Sanniti, dei più miti Erennio e Maestro Litterio, ma le donne come Laria, Deftri, Amica o la sacerdotessa Dafne sono di una nobiltà e di una umanità superiore, tanto che se comandassero loro non avremmo avuto bei secoli tanto scorrimento di sangue! Persino gli animali come il cavallo Nero, (poi Ebano), ma anche le farfalle della cascata, hanno intelligenza e anima! Questo libro, il secondo che ricorda i secoli di conflitto fra i popoli Safini e Roma, ci fa riappropriare della nostra storia e della nostra identità, ma anche di una geografia dell’anima che è profonda, descrivendo con minuziosa dolcezza i monti dei Pentri. Andate a Pietrabbondante, l’antico Kombennio (Parlamento) sannita, dopo aver letto “Viteliù” o “I figli del Toro” e vedrete questi luoghi con altri occhi e soprattutto con un’altra coscienza! E io penso che tutta la Regione Molise e l’antico Sannio debbano molto a questo scrittore perché le sue opere rappresentano la prima vera narrazione storica romanzata dell’epopea italica a livello nazionale e racchiudono al loro interno ben otto secoli di storia, spesso tralasciati e ignorati nei programmi scolastici. Sfido chiunque a ricordare quanto spazio avessero le guerre italiche e i popoli che le hanno combattute nei sussidiarii e libri di scuola! A malapena c’erano una o due paginette! Come se la grande cancellazione di massa voluta nei confronti dei Sanniti da parte di Silla continuasse ancora oggi, a livello culturale, esaltando per molto tempo, solo la grandezza di Roma! Ma quei popoli aiutarono Roma stessa e il sette volte Console Mario, dopo la grave sconfitta di Arausio (105 a.C.), a ricacciare le genti germaniche che minacciavano i domini e la stessa esistenza della Repubblica romana. A tutto questo la scrittura di Nicola Mastronardi si oppone ridestando una coscienza civile e un orgoglio rinnovato, tanto è vero che le sue presentazioni si sono moltiplicate sia con il primo che nel secondo libro, fermate solo da questo nuovo nemico invisibile che ci minaccia in maniera subdola. Nicola doveva venire anche a San Martino in Pensilis, presso la Società Operaia, alla fine di marzo ma ora non è possibile, rimandando questo incontro come altri quando usciremo da questo incubo. Ma il lavoro letterario di Nicola Mastronardi, condotto con grande passione storica e archeologica, rimane e sta svegliando le nostre coscienze e il nostro orgoglio sopito da millenni, fino a farci auto convincere che addirittura noi saremmo la periferia del mondo e che “Il Molise non esiste”! I suoi romanzi sono un affresco straordinario e di ampio respiro epico. Ci sono rimandi pregnanti e non secondari che vivono ancora adesso in alcune tradizioni e in alcune occasioni comunitarie. Mi ha colpito come, attraverso le poche parole impresse su una tegola rinvenuta a Pietrabbondante, l’autore con maestria riesca a costruire uno dei livelli del romanzo più intimo, quello della amicizia fra due ragazze: una romana e una sannita! Del resto il romanzo storico si propone proprio questo: ribadire con le sue invenzioni i fatti veri! Può sembrare un paradosso ma una delle magie della Letteratura è proprio questa, senza scomodare i sillogismi di Aristotile, quelli che partendo da due premesse false, arrivano alla verità. E quando leggo le belle pagine sul rapporto dell’EmbraturGavio Pupilo con il suo cavallo Ebano, rivedo lo stesso stretto connubio che i cavalieri delle nostre Carresi hanno con i propri animali. E’ un amore profondo quello che viene descritto ed è una simbiosi perfetta quella che io ho visto per tutti gli anni della mia vita fra uomini cavalli e buoi.

Nicola Mastronardi da voce e forza ad una terra di uomini indomiti che hanno dimostrato nei secoli la loro umiltà e il loro orgoglio, il loro attaccamento a valori sani e alle loro famiglie. E sono plurimi i livelli di lettura e di interpretazione del testo, perché sono plurimi i fili rossi che si snodano paralleli e percorrono il libro, separando e poi ricollegando il tema del coraggio, dell’amore, dell’amicizia, dell’onore, dell’eroismo, dell’assunzione di responsabilità in quanto individuo e in quanto appartenente a un popolo sul punto di scomparire sommerso nell’ “avvolgente diluvio latino”. Insomma Nicola Mastronardi con Viteliù e con I Figli del Toro, restituisce al Molise e tutto il Sannio una memoria incancellabile!

Per concludere solo alcune note biografiche tratte da alcuni siti: “Nicola Mastronardi è giornalista e saggista molisano membro dell’Accademia dei Georgofili, è studioso delle civiltà dell’Appennino italiano e del Mediterraneo. Da venti anni alterna la libera professione nel campo dei reportage di turismo escursionistico e a cavallo, agli interessi di storia antica (sannita) e contemporanea. Dal 2003 al 2010 è stato consulente di Linea Verde Orizzonti, Rai Uno; cura reportage e documentari per la trasmissione Kilimangiaro di Rai Tre. Ha pubblicato “Gheddafi, la rivoluzione tradita” (Mimesis Edizioni, Mi); “I Giganti verdi – Immagini e suggestioni sui tratturi del Molise” (Volturnia Ed., 2006); “Viteliú, il nome della libertà” (Itaca) è stato questo il suo fortunato romanzo storico d’esordio ambientato sull’Appennino degli Italici.. “Figli del Toro” è il primo volume di una trilogia ambientata durante “il più grande conflitto mai combattuto nella Penicola italiana”: la Guerra Sociale.