Ero in procinto di andare a letto ma, una incredibile azione di zapping mi sofferma l’attenzione su un fotogramma mai dimenticato.

Finalmente !!

Aspettavo con ansia quel 10 marzo 2010 !! – mi sovviene -.

Ebbene si, aspettavo la compagnia del Teatro stabile del Friuli Venezia Giulia . Amici ospitati in tempi passati al Teatro Miela di Trieste, per godermi il mio romanzo che preferisco da sempre : “I Miserabili”, tratto dal romanzo dell’immenso Victor Hugo.

Una rappresentazione teatrale dal gusto fine, vista la regia del bravo Franco Però ed all’adattamento teatrale di Luca Doninelli, non uno qualsiasi nel mondo teatrale che conta.

E poi, che dire sugli attori ? Tutti bravi con un apprezzamento particolare a Franco Branciaroli nelle vesti di Jean Valjean.

La sfida era quella di portare in scena un romanzo immenso. Immenso come copione e non solo. Immenso per la storia che fa rivivere epoche passate dai temi incredibilmente moderni : dignità, giustizia, misericordia, passione, dolore, morte e, la sempre sperata, redenzione.

Quell’attesa, abortita dalla “ peste “ del momento, che ha cancellato ogni cosa , ma non la voglia di cultura e di aggregazione, è stata premiata. Rai storia, stupefacentemente, trasmette i “ Miserabili “ e la storia di “ Jean Valjean “.

Che nottata ragazzi !

Attualissima la storia, benché narrata con costumi ed ambientazioni di epoche ormai remote nel tempo e nella memoria. Storia che manifesta tutta la drasticità del momento e la grande “ differenza umana “ dei nostri tempi . Differenza che determina, dal basso della nostra “ miserabilità “, una situazione di contemporanea visione del bene e del male, una finestra che apertasi sul Mondo ci permette di guardare lontano senza però perder di vista quello che è sotto le nostre imposte.

Ci affacciamo per respirare aria pura e, spesso incontriamo una corrente d’aria che ci sbatte in faccia una realtà ancora troppo comune : la povertà .

Quella povertà che non annuisce al male e che, si fa paladina di un riscatto mai domo , mai sperato.

L’umanità vince sempre e con l’umanità vince quel personaggio che andremo a disporre su dei fogli bianchi da riempire con inchiostro fine, senza scalfirne il valore, la figura, il grande senso di vita vissuta, dal nome tipicamente Francese e dalle sembianze nobili , mai frustrato e sempre, nonostante le difficoltà e la sua fama da galeotto, sinceramente e benevolmente “ miserabile”.

Miserabile come sinonimo di disperato, poveraccio, verme dell’umanità ma, come l’essere “cafone “, l’essere” miserabile”, nobilita, favorisce e crea un mondo migliore, un mondo d’amore.

E’ per questo e, solo per questo che non parlerò del romanzo in senso stretto del racconto ma, mi soffermerò sulla vita e la personalità di quel miserabile del nobiluomo “ Jean Valjean “.

Interpretato dai più grandi attori di teatro, cinema, televisione, ha ispirato non solo le sale liriche e prettamente dogmatiche, ma anche il musical, rendendo ancora più maestosa la sua già impressionante bellezza.

E così, sin dal lontanissimo 1868 va in scena nei migliori teatri con interpretazioni da capogiro.

Grandi attori interpretano a lor fare Jean Valjean e di seguito la carrellata:

  • 1968 Henry Gartside Neville; 1869 Charles Dillon, e così Maurice Costello nel 1909; Gabriel Gabrio nel 1925;Harry Baur nel 1934 con una interpretazione così vera da far invidia ad Orson Welles che volle interpretarlo via radio nel 1937 e far da copione ad un grande Gino Cervi , nell’interpretazione senza riverenza alcuna del 1948 con la regia dell’indimenticabile Riccardo Freda. Fu un film così bello che determinò un cambio di passo nelle conduzioni di regia ,al di la della sedia del regista stesso. Interpretazione magistrale quella di Jean Gabin del 1958, che ispirò Sandro Bolchi per la serie di 10 puntate per la Rai con l’indimenticabile i Gastone Moschin, ancora poco conosciuto e dirompentemente diventato idolo , proprio per suggestione sapore teatral televisivo, siamo nel 1964. E così per la serie francese interpretata da Lino Ventura nel 1982; l’interpretazione di un Jean Paul Belmondo nel 1995; Gerard Depardieu nella miniserie del 2000; sino ai musical ospitati in tutto il Mondo ed interpretati nella figura del galeotto da Jean da Maurice Barrier nel 1980; Peter Kerrie dal 1988 al 1996; sino all’estasiante interpretazione del mitico John Owen-Jones che è risuscito a strabiliare Londra, Dubai, Broadway dal 2000 sino al 2010; e non per ultima con Killian Donnelly, immensità assoluta in Londra nel 2018.

Jean Valjean , un personaggio di pura fantasia ma sicuramente ispirato da diversi personaggi storici realmente esistiti quali : Pierre Maurin ed Eugene- Francois Vidocq.

Similitudini che hanno dell’incredibile collegamento in quanto ,” il primo fu condannato, come il personaggio del romanzo alla stessa pena e per lo stesso reato, rubò per fame un tozzo di pane”, ed il secondo per la sua forza rivoluzionaria, avventuriera e che ispirò altri grandi autori ed artisti del romanticismo ottocentesco.

Non si esclude però che Victor Hugò volle accostare il suo personaggio chiave a Napoleone Bonaparte. Tutti e due nati il 1769 e le date della prima cattura e del rilascio di Jean coincidono inesorabilmente con le date dell’ascesa e della caduta di Napoleone, rispettivamente 1796 anno della Campagna d’Italia e 1815 anno della famosissima battaglia di Waterloo. Altre date denotano un accostamento significativo e per nulla fuorviante.

Si può anche pensare che nell’immaginario di un Victor Hugo mai domo e sempre pronto ad aiutare i più deboli, come accade a Jean nella difesa di Fantine, lo scrittore abbia voluto ripercorrere in parte la sua vita, vissuta nell’aiutare una popolana a sfuggire alle mire della polizia per aver offeso un borghese, ed in una sommossa, nella quale lo stesso Victor si prodigò per aiutare gli insorti.

I miserabili hanno raccolto le odi di un tempo senza tempo, in un mondo che viveva di trasgressiva ricchezza e di ignobile povertà dettata da una borghesia che minava la plebe, per assoggettarla al proprio dominio e, renderla schiava e scevra da cultura e da umana resistenza.

Jean è l’incarnazione di questo modo di vivere che condannava i poveri ed osannava i ricchi senza tener però conto, che le anime pure, quelle vive e vere, son sempre esistite, anche in regime di forte oppressione e, di battaglie ne han vinte a milioni.

Un personaggio, come del resto quasi tutti, appartenente alla bassa della società francese dell’ottocento, persone cadute in miseria, ex forzati, prostitute.

Un personaggio che tra ogni difficoltà non perde la sua generosità, benché condannato ingiustamente per un piccolo reato dovuto alla fame, che combatte energicamente il male e, come in ogni favola che si rispetti, ne esce vincitore.

Jean, giovane potatore, unico a dover provvedere al mantenimento di una sorella con Figli , per evitare la fame di questi si trovò nella condizione di dover rubare del pane.

Per questo, solo per questo, venne condannato a ben cinque anni di lavori forzati. La pena salì sino a quattordici anni in più, per i suoi tentativi di fuga, mai in porto. Nel gennaio del 1815, dopo ben 19 anni un’amnistia li ridonò qualche mese prima della scadenza della sua pena, la libertà, a ben 46 anni. Non avendo più cognizione dell’esser libero, dovette vagabondare per gran parte della Francia che non lo accolse favorevolmente. Giunse a Digne, una città ridente e sede vescovile. Fu’ la sua fortuna. Fortuitamente, infatti, incontrò il Vescovo, un ex ricco caduto in disgrazia e costretto in esilio, che conobbe” DIO” divenendo così, un giusto uomo di Chiesa. Impaurito e diffidente dell’accoglienza del prelato, fuggì portando con se delle posate d’argento. La sua fuga fu davvero breve e , portato al cospetto del Vescovo assistette alla difesa di quest’ultimo tanto da rimproverarlo per non aver portato con se anche i candelabri dei quali lo stesso ne dichiarò il dono.

Confuso dalla bontà del Prelato, la notte in un “tumultio” di operose recrudescenze fuggì via e, suo malgrado operò un piccolo furto ai danni di un bimbo. Grande fu la sua amarezza nel ripercorrere le gesta del Vescovo e, decise di cambiar vita. Il passato è passato e, non ci fu pace per Jean. Dovette ancora scappare per non espiare pene severe per quel furto commesso, non dopo aver avuto in dono denaro dal Vescovo che lo esortò, a dar del buono al Mondo. Così immaginò una nuova vita e, grazie proprio al danaro ricevuto, impiantò una fabbrica di bigiotteria in quel di Montreuil-seu-Mer. Si fece chiamare Monsieur Madelein e, riacquistata credibilità, rispettabilità, soprattutto per le opere di generosità perpetrate in maniera copiosa, fu nominato sindaco dai cittadini della sua nuova casa. Ma, sulla sua strada ancora l’ombra del passato ed, un poliziotto, l’ispettore Javert, dubitò dell’identità di Jean. Un’opera buona dopo l’altra e Jean divenne la forza e la sponda riparatrice per la cittadina intera. Opera buona ,come quella perpetrata a favore di una ragazza madre, Fantine, che venne fatta salva dalla prigione, proprio per l’intervento del Valjean/ Madeleine, dopo essere stata importunata selvaggiamente per la sua attività di prostituta, promettendo ella, finanche il ricongiungimento con la figlia. Ma, suo malgrado contemporaneamente, forse per trarlo in inganno, egli venne a sapere dell’arresto di un evaso dal nome Jean Valjean. Una notte lunga senza sonno e piena di rimorsi, lo costrinse a costituirsi e rivelare la propria identità. Fuggì di nuovo.

Recatosi a Montfermeil, per mantenere la promessa fatta alla ragazza madre, nel frattempo deceduta, scoprì che la figlia di ella , Cosette, era trattata dalla famiglia in cui dimorava, in malo modo. Fu così che entrò in gioco ancora la sua bontà. Riscattò la bambina versando un ingente somma , proventi derivati dalla fabbrica di bigiotteria, e si nascose con lei in quel di Parigi. Anche qui, l’integerrimo ispettore riescì a scovarlo ed a costringerlo a nascondersi in un convento, anche grazie ad un amico a cui aveva salvato la vita in passato. Passarono sei anni celandosi sotto l’identità di Ultime Fauchelevent, identità che lo seguì sino alla sua dipartita. Uscito dal convento si stabilì a Parigi dove con Cosette si garantì da vivere, grazie ai risparmi in dotazione che nascose ben bene per poterne far dono a Cosette in qualità di dote. Come ogni storia, l’amore trionfa e Cosette nel conoscere Marius, giovane universitario, diseredato per motivi politici. ( Era liberale al contrario della famiglia convintamente monarchica, salvo il padre , ufficiale napoleonico, mai conosciuto in vita ma, dal testamento politico in favore del figlio che lo attuerà e riconoscerà proprio) .

Nel frattempo, Jean Valjean cadde in un tranello da parte del capofamiglia che ospitò Cosette prima del riscatto di ella da parte di Jean. Un vero e proprio agguato che fu sventato da Marius che avvertì la polizia e mise fine al raggiro. La polizia anche in quel caso, era capitanata da Javert che però non riuscì a catturare Jean che, lanciandosi dalla finestra si rese irreperibile. Nel frattempo, e torniamo all’amore, Marius e Cosetta iniziarono a frequentarsi sempre più. Valjean per timore di ritorsioni confidò ad ella di voler trasferirsi in Inghilterra costringendo di fatto, i due, alla separazione forzata. Marius, pazzamente innamorato scrisse una lettera dalla quale si evinse la volontà di farla finita. Questa, consegnata ad un monello di strada, fu recapitata a Cosette che ne rimase sconvolta, ma conservandone segreto con il padre adottivo Jean. Il fato e fato, l’amore è l’amore e, Jean scoprì ogni cosa grazie ad una lettera che Cosette scrisse per Marius. Nel contempo la battaglia imperversava, le barricate sempre più limitanti. Valjean decise di salvare la vita a Marius e si incamminò a passo veloce verso la battaglia. Gli scontri duri e senza sosta ebbero a vedere in scena la polizia che soccombendo al popolo “milizio “, videro prigioniero il Javert, l’integerrimo poliziotto. Con uno stratagemma si prese cura della condanna a morte di esso e ne salvò la vita fingendone la morte. Nel contempo riuscì a portar via Marius dai tumulti e dalla sicura capitolazione, servendosi dei cunicoli delle infinite fogne Parigine.

Ma, come un film senza fine, all’uscita dalle fogne, ricompare Javert che condusse Valjean a casa sua, non dopo aver lasciato libero Marius a casa del nonno. Con stupore da parte di Jean, Javert lo lasciò libero senza condizioni alcune. L’integerrimo ispettore nell’impossibilità di riconoscersi diverso dal suo cospetto di tutore della legge, si suicidò.

Il tempo è, ed era tiranno anche all’ora, le pagine di scritto diventano sempre meno.

Marius sposò Cosette e coronò il sogno d’amore e gesto più grande fece proprio Jean nel confidare ogni cosa a Marius e, per l’amore di entrambi, li lasciò liberi di viver la loro vita senza ostacoli.

Il tutto non senza conseguenze. Jean entrò in uno stato di depressione acuta ed, ormai sessantaquattrenne, si ammalò sino a rasentare la morte. Fortuitamente Marius nel 1833 venne a sapere del suo stato ed, immediatamente, anche per metter fine alle angherie del vecchio padrone di Casa dove Cosette aveva vissuto, corse da Jean insieme alla amata che, potette assistere all’ultimo gesto d’amore ed all’ultimo respiro che emanò freschezza, paternità e sorriso. Il tutto illuminato dalla luce delle candele poste sui candelabri che il vescovo di Digne volle regalare al geleotto “ miserabile “ ma, convintamente, dal cuore generoso ed altolocato.

Jean riposa ancora nel cimitero del Père-Lachaise. Sulla sua lapide con una matita indelebile giganteggia una scritta ,succo del romanzo e della bontà poetica e figurativamente presente nel grande cuore di Victor Hugo :

Riposa : benché la sorte fosse per lui ben strana,

pure vivea : ma privo dell’angel suo morì:

La cosa avvenne da sé naturalmente

Come si fa la notte quando il giorno dilegua “.

Da oggi siamo un po’ tutti Jean Valjean

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