“Eleanor Oliphant sta benissimo” è il romanzo d’esordio di Gail Honeyman. Al centro della narrazione, la figura di una giovane donna che, dopo anni di profonde sofferenze, trova la forza di curare le proprie ferite e di rinascere.

Impossibile capire cosa le sia preso quella sera, eppure è accaduto. Senza neanche accorgersene, si era persa in una perfetta cotta adolescenziale. Quel chiodo fisso aveva il nome di Johnnie Lomond. Bello e dannato. Eccentrico come sanno essere solo i leader di una band, seppur sconosciuta ai più. Poche informazioni. O forse no. Quei dati erano sufficienti per farle comprendere che la sua vita, di lì a poco, sarebbe cambiata. Lui era l’uomo giusto. Bastava solamente pianificare tutto per far incrociare gli astri. E lei, di questo, era la regina: amava organizzare ogni singola cosa. Pur di abbracciare il destino, sarebbe stata disposta a tutto. Perfino a mettere in discussione il suo mondo, costellato da rigide abitudini e ignaro di qualsiasi regola convenzionale. Perfino a tollerare Raymond Gibbons. Goffo e invadente. Con la pelle che puzza di fumo e l’alito che sa di birra. Trasandato e con pessimi gusti. Piombato dal cielo come una maledizione. Anche se, ora, non importava. Ogni energia doveva essere concentrata su un’unica persona. Lei era troppo imprigionata nella sua cieca e inconscia sete di affetto per comprendere che la svolta sarebbe stata ben diversa da come la immaginava. L’amore per quel musicista dannato era solo la goccia che avrebbe fatto esplodere la bolla dove si era isolata in tutti quegli anni. Circa trenta. Nove dei quali, vissuti come contabile da Bob. Dal lunedì al venerdì. Dalla mattina al pomeriggio. Con un sandwich per pranzo, mangiato in compagnia delle parole crociate. Ma le carezze, gli abbracci, le strette di mano, i sorrisi, le attenzioni non ti avvertono. Arrivano e hanno il volto di Sammy, un anziano signore che sta per concludere il capitolo della propria vita. Arrivano, irruenti e ti spiattellano in faccia che il cambiamento è incarnato dalla forza di radunare le macerie. Quella che nasce, dopo aver vissuto l’affetto di un giovane dalla barba soffice e un anziano dal maglione rosso. Lei è Eleanor Oliphant. Capelli lunghi, lisci, castano chiaro; pelle chiara; naso troppo piccolo e occhi troppo grandi; altezza e peso, approssimativamente, nella media; una cicatrice sul volto che non passa inosservata; morbosa amica della vodka ma, poi, ha deciso di smettere; zero socialità anche se, ad un certo punto, ha trovato un amico; ossessionata dall’ombra della madre; in grado di cavarsela sempre da sola ma capace, dopo tanta sofferenza, di accogliere l’aiuto altrui; unica sopravvissuta. La sua storia è raccontata nel romanzo “Eleanor Oliphant sta benissimo”, scritto da Gail Honeyman. Sorprendente, divertente, innovativo. Crudo, nudo, forte. Vero, spudorato, toccante. Fluido, efficace, dettagliato. Bello. Maledettamente, bello. Vincitore del Costa Firts Novel Award e venduto in 35 paesi. A breve sarà anche un film. Definito dalla stampa internazionale più autorevole un capolavoro che rimarrà negli annali della letteratura. Jenny Colgan, sul The Guardian, parla di “una narrazione piena di calore e tristezza profonda e non espressa” con un messaggio finale “meraviglioso, gioioso”. Meraviglioso come tutte le storie di rinascita. Meraviglioso perché Eleanor Oliphant ci ricorda la cosa più scontata e più dimenticata: alla fine dei conti, abbiamo tutti bisogno di amore.

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