Ci stiamo avvicinando al 6 marzo, data che il Parlamento europeo nel 2012 ha proclamato come  giornata dei Giusti e che è stata scelta in ricordo della  scomparsa dell’artefice del Viale dei Giusti Moshe Bejski. 

Si tratta, dunque,  di una data simbolo, ma che  amplia la definizione di Yad Vashem, estendendola temporalmente, spazialmente e concettualmente. 

Chi sono oggi i Giusti?  

Quanti, ovunque nel mondo, hanno salvato vite umane a rischio della propria nel corso di genocidi o sotto regimi dittatoriali e totalitari o in attacchi terroristici o in fenomeni mafiosi; quanti hanno difeso strenuamente la dignità umana. 

È così che, a mo’ di esempio,  troviamo oggi  tra i Giusti nomi nei più diversi contesti: accanto ai Giusti “della tradizione”, possiamo trovare uno studente come Faraaz Hussein, vittima del terrorismo fondamentalista e che scelse di rimanere al fianco delle sue due amiche condividendone l’atroce destino pur potendo salvarsi; Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato, donna che si è spesa come attivista antimafia; la nuotatrice siriana Yusra Mardini che ha salvato i migranti che con lei fuggivano verso le coste greche e che alle Olimpiadi di Rio 2016 ha sfilato sotto la bandiera con i cinque cerchi, nella squadra dei rifugiati; l’attivista curda Hevrin Khalaf, che ha dedicato la vita ai diritti delle donne e alla lotta per la coesistenza pacifica fra curdi, cristiano-siriaci e arabi, brutalmente uccisa nel 2019 da miliziani islamici, subito dopo l’invasione turca del Kurdistan siriano. 

Insomma la giornata offre l’ esempio dei Giusti del passato e del presente, al fine di diffondere i valori della responsabilità, della tolleranza, della solidarietà e per inviare il messaggio di una memoria attiva.  

Tra i Giusti si parte dal passato novecentesco, dai genocidi e dai totalitarismi, da quella età della catastrofe del secolo breve, come l’ha descritta lo storico Eric Hobsbowm,  per affrontare il presente, quei fenomeni liberticidi, lesivi dei diritti  e della dignità umana oggi. Il fine è agire, agire coltivando il bene, ciascuno apportando responsabilmente il proprio contributo, avendo dinanzi a sé l’orizzonte degli esempi, gli esempi rappresentati dai Giusti. 

Quel che si suggerisce è un atteggiamento critico nei confronti della  storia, il quale può consentire di far risaltare ciò che è utile all’azione, agire traghettando valori e principi di solidarietá che potrebbero salvare tutti, qui e ora. L’esempio dei Giusti può sollecitare le coscienze spesso intorpidite e iniettare fiducia a uomini e donne sempre più smarriti, disorientati, impauriti. 

Gabriele Nissim è il presidente di Gariwo -onlus che ha sede a Milano, città dove sorge a monte Stella il giardino dei Giusti di tutto il mondo-  e è stato il promotore presso il Parlamento di Strasburgo di questa giornata,  assieme a grandi nomi come Dario Fo e Umberto Eco. Nissim ammonisce: “La conoscenza della persona buona ci dà speranza per il futuro. Le persone giuste ci fanno bene. Creano stupore e meraviglia. Permettono di sognare un mondo diverso. Ricordare i Giusti è un dovere morale che ci dà sollievo e ci permette anche dopo i momenti più difficili di ricominciare. È un dovere particolare che ci appaga, quindi non è mai una fatica o un sacrificio”. 

La sfida di Gariwo è ora puntare all’ONU, al fine di creare la giornata internazionale dei Giusti. 

Nel mondo globalizzato, del resto,  bisogna saper assumere responsabilità globale; lo sforzo è saper far rimare globalizzazione con universalismo.  E così le parole del Presidente Johnson, pronunciate nel 1964 di fronte ai pericoli della guerra nucleare e passate alla storia come il Daisy advertisment perché si mostrava in un video una ragazzina che toglieva i petali ad una margherita, come se fosse un conto alla rovescia: “Questa è la posta in gioco. Creare un mondo in cui possono vivere tutti i figli di Dio, o scegliere il buio. Dobbiamo amarci l’un l’altro o morire”, risuonano come monito anche per l’oggi. L’impegno deve essere civile, condiviso nella solidarietà e nella generosità. 

Non è un caso che i giardini dei Giusti disseminati in Italia, in Europa e nel mondo sembrano pietre di inciampo tese a destare l’attenzione del passante, a dare una scossa a chi attraversa questa vita, nel divenire della storia, affinché si concentri sulla strada da percorrere, a costruire “provocazioni”  per coltivare una memoria attiva, rivolta all’azione, ad agire per il bene.

E il Molise ha il suo giardino dei Giusti?  Si, a Campobasso presso il liceo Romita.  

Nacque a seguito della lettura di un libro: “Chi ha ucciso Lumi Videla?” di Emilio Barbarani. Un libro testimonianza: l’eroica pagina dell’ambasciata italiana ai tempi del golpe di Pinochet. L’altro 11 settembre, quello cileno del 1973,  che ci ha lasciato anche questa storia, patrimonio di arte diplomatica e di italiani che hanno sfidato, a rischio della propria vita, il regime militare per salvare uomini, donne, oppositori politici. A Campobasso il giardino dei Giusti è nato così, da una lettura, dallo studio. 

Piantumando  in memoria dell’ambasciatore Tomaso de Vergottini e in onore di Emilio Barbarani, allora giovane  diplomatico, oggi ambasciatore in pensione e Giusto.  

Da allora, di anno in anno,  il giardino si è arricchito di nuovi alberi e impreziosito di nuovi Giusti. 

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