I passi citati di “Moby Dick” di Herman Melville sono tratti dal capitolo XLI della versione italiana a cura di C. Pavese, Frassinelli, Torino 1932; quelli citati di “Il vecchio e il mare” sono tratti dalla traduzione di F. Pivano, Mondadori, Milano 2000.

Le affinità e i parallelismi tra il romanzo Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway e Moby Dick di Herman Melville sono state riconosciute dalla critica sin dalla pubblicazione del romanzo di Hemingway nel 1952, tant’è che Il vecchio e il mare era stato definito “il suo Moby Dick” per una comunanza di fondo rispetto ai temi trattati e all’ambientazione, nonostante Melville carichi il suo romanzo della tipica visione romantica della natura sovrannaturale, mentre Hemingway rimane fedele alla sua formazione giornalistica, con risvolti visibili sia nella concezione del rapporto uomo-oceano, sia nello stile.

Il tema fondante nel romanzo di Melville è il rapporto tra il capitano Achab e questa creatura, una balena bianca, la quale diviene l’oggetto di una monomaniaca – questo il termine utilizzato dal curatore dell’edizione italiana, Pavese – ossessione e sete di vendetta da parte di Achab.

Poco c’era da dubitare che sempre, fin dal giorno di quell’incontro quasi fatale, Achab avesse nutrito un feroce desiderio di vendetta (…) La Balena Bianca gli nuotava davanti come la monomaniaca incarnazione di tutte quelle forze malvagie che certi uomini profondi si sentono rodere nell’intimo, finché si riducono a vivere con mezzo cuore e con mezzo polmone. da H. Melville -“Moby Dick”

Nel romanzo, Moby Dick arriva a raffigurare la natura nel suo insieme come forza distruttrice e crudele, ma anche razionale, cioè quasi dotata di una propria, drammatica ragione che si scontra direttamente con la sete ardente di Achab.

Già parecchi disastri avevano accompagnato questa caccia. (…) pareva tanto infernale la premeditazione di ferocia da parte della Balena Bianca, che ogni mutilazione o morte ch’essa causava non veniva interamente considerata come inflitta da un agente irrazionale. da H. Melville -“Moby Dick”

Al centro de Il vecchio e il mare c’è anche qui una storia di “nemici naturali”: quella di Santiago, un pescatore della Cuba pre-rivoluzionaria e ancora inebriata di cultura e interesse per gli Stati Uniti, che da due settimane torna a mani vuote dai suoi viaggi a mare (Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del

Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. da H. Hemingway, Il vecchio e il mare, incipit) – e qui emerge come il romanzo di Hemingway rientri, pur nella sua brevità, in più d’una tipologia di romanzo, quale appunto il romanzo realista, rispetto a Moby Dick che rimane pressoché stabile e fedele sulla tradizione del romanzo romantico nero oppure sovrannaturale – e decide di inoltrarsi nell’oceano alla ricerca di una preda che possa soddisfarlo; un grosso marlin abbocca all’amo, e la storia si snoda in un primo momento dove il pescatore deve combattere con il marlin per evitare che trascini la barca con sé nel tentativo di fuggire, e, in seguito, per evitare che gli squali attirati dal sangue divorino la creatura, come poi avverrà a dispetto della resistenza di Santiago.

Il vecchio guardava continuamente il pesce per essere certo che fosse vero. Passò un’ora prima che il primo pescecane lo azzannasse. Il pescecane non fu un caso. Era salito dal fondo del mare quando la nube scura di sangue si era allargata e dispersa nel mare profondo un miglio. da H. Hemingway, Il vecchio e il mare

L’elemento che più accomuna i due romanzi è il conferimento di una dignità alla natura, nei suoi lati positivi e negativi. Moby Dick viene vista come una bestia fiera che riesce a divorare chiunque cerchi di ucciderla, ma la storia è anche pervasa da un forte senso di sovrannaturale che dal suo fuoco nelle storie e nelle leggende dei pescatori finisce per proiettare la lotta tra Achab e la balena bianca come un’impresa titanica ed eroica nel quale il capitano trascina la sua ciurma.

Le sue tre lance sfondate, intorno, e uomini e remi turbinanti nei gorghi, un capitano, afferrando dalla prora spaccata il coltello della lenza, s’era lanciato sulla balena, come un duellista dell’Arkansas sull’avversario, ciecamente tentando, con una lama di sei pollici, per raggiungere la vitalità, profonda una tesa, del mostro. Quel capitano era Achab. da H. Melville -“Moby Dick”

Il tema della dignità della natura è ancora più connotato in Hemingway, dove il pescatore lotta per il marlin, che è la sua preda, ma per cui nutre un rispetto profondissimo pari a quello dovuto ad un essere senziente; nella narrazione ci sono molti punti dove si rivolge a lui, e il messaggio naturale del pescatore è nel riconoscimento della caducità della vita umana ed animale e nell’identificazione dell’uomo come parte della natura.

(Il pescecane) Si è portato via quasi venti chili” disse il vecchio, ad alta voce. Si è portato via anche la fiocina e tutta la sagola, pensò, e ora il mio pesce perde di nuovo sangue e ne verranno degli altri. Non gli piaceva più guardare il pesce da quando questo era stato mutilato. Quando il pesce era stato colpito fu come se fosse stato colpito lui stesso. Ma ho ucciso il pescecane che ha colpito il mio pesce, pensò. Ed era il dentuso più grosso che abbia mai visto. E Dio sa che ne ho visto dei grossi. da H. Hemingway, Il vecchio e il mare

Se in entrambi i romanzi è la natura a rappresentare la razionalità – anche nella crudeltà della Balena Bianca – e il meccanicismo, è invece l’uomo ad apparire cieco e irrazionale: Achab si imbarca in un’esperienza suicida, e i suoi sottoposti sembrano far propria la sua battaglia senza che il narratore del romanzo – Ishmael – possa comprendere a pieno, paragonando l’inconscio dell’uomo ad un minatore sotterraneo che non sa dove volge il suo piccone.

Un simile equipaggio, così comandato, pareva scelto apposta da una fatalità infernale per aiutare Achab nella sua monomaniaca vendetta. Come mai essi rispondessero tanto all’ira del vecchio, da quale malvagio incantesimo le loro anime fossero possedute, che alle volte il suo odio pareva quasi il loro e la Balena Bianca altrettanto insopportabile avversaria loro che sua (…) spiegare tutto ciò, sarebbe tuffarsi più a fondo che non possa scendere Ismaele. Quel minatore sotterraneo che lavora in tutti noi, come si può mai dire dove volga il suo pozzo, al rumore sempre cangiante e soffocato che fa il suo piccone? da H. Melville -“Moby Dick”

Lo stesso tema non è assente nell’altro romanzo: Santiago il pescatore sa che ormai il destino della sua preda è segnato, e che non ne sarebbero rimaste nient’altro che le ossa una volta giunti in porto, ma egli decide comunque di lottare, di ferirsi per allontanare gli squali, chiedendosi come mai la natura – che appare una forza ciclica e animata da schemi precisi e razionali – consenta tanto dolore; “Perché l’oceano può essere tanto crudele?”, dice Santiago, in un romanzo dove il fraseggiare e il linguaggio sono quelli asciutti di un autore primariamente giornalista e cronista di guerra (e dalla sua esperienza di guerra ha senza dubbio influito sulla concezione della natura), e che, comparato a Melville, fa risaltare più l’intimo rapporto tra il marlin e il pescatore invece che le concitate scene d’azione della Balena Bianca.

Ora il vento era fresco e la barca procedeva bene. Il vecchio guardava soltanto la parte anteriore del pesce e gli ritornò qualche speranza. È stupido non sperare, pensò. E credo che sia peccato. Non pensare ai peccati, pensò. Ci sono abbastanza problemi adesso, senza i peccati. E poi non riesco a capirli. Non riesco a capirli e non sono certo di credervi. Forse è stato un peccato uccidere il pesce. Credo proprio che sia così, anche se l’ho fatto per vivere e per nutrire molta gente. Ma allora tutto è un peccato. Non pensare ai peccati. È troppo tardi per pensarci e c’è chi è pagato apposta per farlo. Lascia che ci pensino loro. Tu sei nato per fare il pescatore e il pesce è nato per fare il pesce. San Pedro era un pescatore, e anche il padre del grande Di Maggio.(…)

L’hai ucciso per orgoglio e perché sei un pescatore. Gli volevi bene quand’era vivo e gli hai voluto bene dopo. Se gli si vuol bene non è un peccato ucciderlo. O lo è ancora di più? “Tu pensi troppo, vecchio” disse ad alta voce. Ma ti ha fatto piacere uccidere il dentuso, pensò. Vive sui pesci vivi come te. Non è soltanto un divoratore di cadaveri o un mangiatutto come certi pescecani. È bello e nobile e non conosce paura di nulla. da H. Hemingway, Il vecchio e il mare

Un fondo romantico ne Il vecchio e il mare è quindi presente, anche nel brano riportato: Santiago è innamorato della natura e del mare, parlandone al femminile e pensando ad esso come ad una donna, e al pesce come ad un uomo come lui; il romanzo di Hemingway è svuotato del sovrannaturale e prende la natura come parificata all’uomo, che neppure la teme.

Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile. Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvagie era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò. da H. Hemingway, Il vecchio e il mare

Nei comportamenti del capitano e del pescatore è ancora di più evidente la separazione dagli ideali razionalistici e utilitaristici: Melville dice come gli uomini a terra si aspettavano “lucrose crociere” e avrebbero “strappato la nave” ad Achab se avessero saputo il movente del viaggio;

Achab s’era di proposito messo nel viaggio attuale con l’unico esclusivo scopo di dare la caccia alla Balena Bianca. Se qualunque delle sue vecchie conoscenze di terra avesse soltanto a metà immaginato quel che allora gli covava in petto, come subito le loro anime atterrite e diritte avrebbero strappato la nave a un uomo tanto satanico! Essi si attendevano crociere lucrose, del lucro che si conta in dollari di zecca. da H. Melville -“Moby Dick”

allo stesso modo la storia di Santiago si intreccia con quella di Manolìn, giovane pescatore apprendista che abbandona Santiago a causa della sua infruttuosità per mettersi al servizio di un pescatore più proficuo e accorto. Alla fine del romanzo, Manolìn, sebbene il suo maestro sia rientrato in porto con una carcassa ben poco redditizia, tornerà dal suo padrone alla stregua della ciurma di Achab.