Ci sono voluti otto capitoli e 287 paragrafi per consentire a Papa Francesco di prendere posizione su temi dottrinali e politico-sociali. In “Fratelli tutti”,  enciclica chiaramente ispirata dal pensiero del poverello di Assisi trovano posto e vengono sistematizzate molte sue precedenti riflessioni.

Con questa terza lettera pastorale, indirizzata ai vescovi ed ai fedeli di tutto il mondo, il Santo Padre indica la fraternità quale valore capace di comporre le fratture che lacerano la società e come forza di contrasto al virus dell’indifferenza.

Una fraternità capace di ricomporre quelle fratture tra il singolo e la comunità umana che rendono malato il mondo moderno. Quello  attuale, come traspare dall’analisi di Bergoglio, che è malato poiché  sembrano non avere più presa, il pensiero critico, la lotta per la giustizia e le vie dell’integrazione.

La prevalenza del pensiero suprematista sembra aver contagiato anche il modo di fare politica, non più intesa come sana discussione su progetti a lungo termine per il bene comune, ma caratterizzato da ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace.

In una società tentata di voltare le spalle al dolore e di esaltare l’analfabetismo del cuore, irrompono i dieci verbi della tenerezza che descrivono le azioni del samaritano: fermarsi dinanzi al malcapitato e farsene materialmente carico.

Con i suoi gesti il buon samaritano trasforma la strada dell’aggressione e del delitto in cantiere per la costruzione di una società che sa includere, integrare, sollevare chi è caduto o è sofferente.

La difficile strada della custodia delle differenze è il criterio della vera fraternità.

Si è fratelli perché si è insieme uguali e diversi, facendo esperienza di quell’amore sociale in virtù del quale ognuno è pienamente persona quando appartiene ad un popolo.

Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale è necessaria la migliore politica, posta al servizio del bene comune.

Abbiamo cioè bisogno di una politica, non sottomessa alla economia, capace di riformare le istituzioni, dotandole di buone pratiche.

Insomma una pratica politica che si impegni a costruire fraternità e amicizia sociale recuperando soprattutto umanità, senza parole sprezzanti verso l’altro soprattutto se fragile e in condizione di svantaggio.

Pubblicata in piena pandemia, il 3 ottobre scorso, con l’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco sembra battere su un unico assunto: siamo tutti sulla stessa barca, nessuno si salva da solo, bisogna essere fratelli in una casa comune cercando di diventare solidali nel bene e nella condivisione delle risorse.

Anche perché se dovesse continuare la competizione sfrenata e suicida tra le nazioni e tra queste e la Terra in uno scontro di interessi che ci pone tutti contro tutti, il rischio che si corre è che non ci possano essere più vincitori e vinti ma solo vinti.

Per cui secondo il Papa bisogna uscire dalla cultura dello scontro sforzandosi di generare una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione comune, verso la coscienza di una fraternità universale.

Si tratta di cambiare il paradigma dell’umano, non operando solo qualche ritocco qua e là, passando quindi da una società di soci a una comunità di fratelli.

Per esempio i migranti non si devono accogliere perché possono essere utili ma perché sono persone, come i disabili e gli anziani non si devono scartare perché non più produttivi.

Una lezione insomma per populisti e nazionalisti incapaci di farsi interpellare da ciò che è diverso, di aprirsi alla universalità.

Una condanna chiara e inequivocabile insomma del modello neoliberista.

Una sorta di approfondimento di precedenti riflessioni già sviluppate con la seconda enciclica Laudato si del 24 maggio 2015 ispirata al cantico di San Francesco.

La prima enciclica nella storia della Chiesa dedicata espressamente al problema ambientale.

Con Laudato si Francesco sostiene che la società occidentale ha distorto l’interpretazione del racconto della Creazione esaltando la missione del dominio sulla Terra, dimenticando così quella della custodia.

Alla Chiesa , prosegue il Papa, spetta il compito di demitizzare questa visione e di porre fine al mito del progresso infinito.

Perché le nuove generazioni si mostrano sensibili al tema della sostenibilità ambientale come dimostrano la proliferazione di movimenti, primo fra tutti quello per l’acqua, ed anche quello sulle emergenze climatiche e sulla consapevolezza della limitatezza delle risorse naturali, ai quali la Chiesa guarda con favore.

Con Lumen Fidei, prima enciclica  a quattro mani, del 29 giugno 2013, firmata anche da Bergoglio che pare abbia scritto solo il quarto capitolo Francesco non solo  vuole evidenziare la continuità del suo papato con quello di Benedetto XVI su storia della fede cristiana, rapporto tra fede e ragione e sul ruolo della Chiesa ma soprattutto valorizza il ruolo dei credenti nella costruzione del bene comune, nel rispetto del creato e nella elaborazione di modelli di sviluppo non fondati sul profitto.

Un percorso quello tracciato da Bergoglio soprattutto con Fratelli tutti che rappresenta una  ottima occasione di riflessione e di stimolo per molti, credenti e non, senza escludere naturalmente liberisti, nazionalisti e suprematisti … non solo nostrani.