L’attuale mostra dell’emigrazione, allestita in una delle sale espositive della Fondazione Molise Cultura, dedicata alle donne coinvolte in questo sconvolgente processo economico e di sradicamento sociale, coincide con l’uscita della nuova rivista della Fondazione Molise Cultura “Quarta Dimensione”. Questa concomitanza, ci dà l’opportunità di fare alcune riflessioni sull’importanza di una rete museale e sul ruolo e sulla funzione della cultura nella contemporaneità della nostra Regione. Entrambe intese come fattori e strumenti d’identità e di crescita di una comunità, ma anche come elementi di vitale importanza per le giovani generazioni di molisani, sempre se ci saranno ancora in questa “maledetta/benedetta” terra! Questi aggettivi sono anche le espressioni usate da due grandi figli del Molise: Fred Buongusto, con la canzona “ Molise, Molise, Pouzz’essa accise”, canto di dolore e amore e quello dello scrittore Giuseppe Iovine, nipote di Francesco, che in un suo pamphlet – istant book, dal titolo “Benedetti molisani”, (Nocera Editore), scritto alla fine degli anni settanta sul Molise, che parla dei “difetti” dei molisani e della sua classe dirigente. Anche in questo caso il termine “Benedetti” è da intendersi in modo non strettamente positivo. Se per Buongusto, il conflitto dolore – amore per la sua e nostra terra è più crudo, più diretto di quello di Iovine, entrambi esprimono un diffuso e condiviso forte rammarico che rode l’anima. Essi, nel riprendere queste due espressioni dal gergo popolare, hanno voluto evidenziare il conflitto collettivo permanente che vivono i molisani, tra bellezze oggettive del territorio, composto dal patrimonio culturale, storico, ambientale e le opportunità mancate. Ancora oggi, purtroppo, continuiamo a stare dentro questo conflitto interiore e materiale, con l’aggravante che ci sono circa ventimila giovani, che in questi anni hanno dovuto abbandonare il Molise, probabilmente per non farne più ritorno.

Un esempio di questo grande patrimonio umano, sociale perso, insieme a quello degli ultimi centocinquant’anni di storia collettiva, è rappresentato, testimoniato in questa mostra sull’emigrazione. Nel percorso espositivo, di grande impatto sociale ed emotivo, di recupero di memoria collettiva del nostro passato, emerge un’esigenza: il dovere di non farlo disperdere, sia per il suo valore intrinseco che come memoria collettiva. L’emigrazione è una storia intensa, tra umanità e speranza. Nella mostra sono esposti volti di donne e bambini senza tempo; storie di vita senza sorrisi che si mescolano con la lotta per la sopravvivenza e la ricerca della felicità in terre lontane. Storie di ieri e di oggi, nonché di generazioni in cammino alla ricerca di pace, di lavoro e di un futuro migliore.

La mostra ha una finalità didattica ed è rivolta agli alunni delle scuole di ogni grado. Per loro, come per ogni molisano, ricordiamo che non si può capire la storia della nostra Regione se non si ha conoscenza del fenomeno migratorio che l’ha attraversata sin dagli anni settanta dell’ottocento, e che, come stiamo assistendo, continua ancora nei giorni nostri.

In questa proposta abbiamo voluto dedicare la mostra alle donne, di cui la storiografia ha scarsamente considerato il ruolo in generale, ancor di più all’interno del fenomeno migratorio. In tal senso si è messo insieme le migliori immagini degli archivi Pilone di Larino; Centro della fotografia, La Grande Onda – Domenico D’Addario di San Martino in Pensilis; De Vito d’Isernia e quello della Fondazione Molise Cultura, proveniente dall’archivio dell’ingegnere Flavio Brunetti, “Non aprire che allo scuro”. Sono state volontariamente non inserite le straordinarie foto di Tony Vaccaro e Frank Monaco, due grandi fotografi di profilo internazionale, di origini molisane, che con i loro lavori ci hanno donato un’intima ed intensa visione del Molise di un valore antropologico e culturale di rara preziosità anche in tema di emigrazione. Ci troviamo, quindi, in presenza di un patrimonio iconografico immenso che la nostra regione può vantare in merito all’emigrazione. Tante altre immagini significative sono in altri archivi privati, di associazioni o di enti (vedi Trombetta, Chiovitti ecc.) che vale la pena continuare ad indagare per catalogare e mettere in rete, con il fine di non far disperdere questa vasta ricchezza umana e culturale. Le foto selezionate, oltre alla forza espressiva delle donne e dei bambini fotografati, che lasciano il visitatore senza fiato ed emozionato, sono ancora più interessanti per i messaggi subliminali che la famiglia, attraverso le immagini, manda al proprio congiunto in “america”.

Una sezione interattiva è dedicata ai molisani che all’estero hanno avuto successo. Qui è possibile vedere foto, biografie, documenti e memorie collettive, nonché gli scatti di Vaccaro, Monaco e di altri valenti fotografi.

Rimane la rappresentazione dell’attualità: la nuova emigrazione – immigrazione.

Non poteva che essere espressa da scene di nostri giovani che partono in aereo o in treno, con un trolley ed un computer, e dai giovani di colore che fuggono da guerre e miseria dai loro paesi, per arrivare in Italia ed in Europa, senza bagaglio, solo con un telefonino.

In sintesi, a fine di questo percorso, c’è un ricordo di ciò che la storiografia dice della nostra emigrazione, ovvero che sono partiti i più motivati e che questi, attraverso il loro lavoro, il loro impegno, il loro sacrificio, anche di più generazioni, hanno fatto grande la Nazione dove sono andati. Se queste considerazioni sono vere per noi Italiani è vero anche che chi arriva è altrettanto motivato e per questo potenzialmente, alla stregua dei nostri connazionali, potrebbe aiutare la nostra Nazione e l’Europa a crescere.

Ma tutto questo materiale, con il suo carico di storia e di emozioni, può ancora continuare a vivere e a suscitare emozioni solo se si crea un museo o rete museale capace di raccogliere e conservare i pezzi di memoria dispersi nel territorio. La dimostrazione che siamo ancora in condizione di recuperare il tempo perduto ci è data proprio dal materiale iconografico recuperato su questa tematica ed esposto alla mostra.

La cosa ulteriormente interessante è che proprio su queste idee e presupposti stanno nascendo in molti paesi d’Europa, le reti che, mantenendo la coerenza storica e la narrativa, si stanno dimostrando particolarmente efficaci. Questi musei diffusi, per le loro caratteristiche hanno il merito di promuovere al meglio i valori d’identità locale e sono in condizione di connettersi con l’unicità del patrimonio, con il luogo, la storia e il presente. Aspetti chiave per una maggiore coesione sociale e lo sviluppo della comunità dove essi vivono e operano. È del tutto evidente che il successo di questa modalità museale è assicurato dal fatto che essi, oltre a collegarsi ad un pubblico tradizionale si connette anche con un tessuto urbano sociale diverso e variegato, che comprende un pubblico tradizionalmente escluso dai grandi circuiti museali, come gruppi svantaggiati, disabili e migranti, aggiungendo valore allo sviluppo delle identità locali, al contrario delle attuali tendenze di globale omologazione.

A fine di questo percorso è opportuno anche chiedersi se il solo recupero della memoria in un museo è sufficiente a consolidare un’identità di una comunità. Credo di no, seppure quest’elemento sia importante, esso rappresenta solo una parte della questione. L’altro aspetto è dato dalla necessità che le classi dirigenti si pongano il problema della progettazione del futuro. Quest’azione è sicuramente una tra quelle più qualificanti politicamente e di grande profilo e respiro culturale. Cosa da fare con urgenza, almeno per la nostra Regione, prima che sia troppo tardi, in considerazione della costante decrescita demografica. È necessario costruire un progetto condiviso per il futuro con e per i giovani che costituisca l’elemento portante per una nuova riaggregazione e coesione sociale. La necessità di aprire una nuova fase per dare opportunità alle nuove generazioni è la vera emergenza, prima che, per eccesso di abbandono, la stessa regione, intesa come entità culturale, economica e giuridica, scompaia. Partire quindi dal presupposto che la cultura, il patrimonio culturale, il sapere, inteso in senso lato, sono i fattori chiavi per lo sviluppo di qualità dei territori, in quanto capaci di mettere in atto uno sviluppo sostenibile in questo mondo globalizzato. Un’azione di consapevolezza è altresì il prendere atto che la cultura di ogni popolo è da sempre stratificazione e commistione d’identità culturali diverse. Di questo aspetto, dovremmo avere maggiore contezza perché qui risiede la bellezza e la forza per il cambiamento.

In quest’azione di forte consapevolezza del ruolo della cultura per lo sviluppo dei popoli, ci si riconcilia anche con l’articolo 9 della Costituzione e l’articolo 8 dello stesso Statuto della nostra regione.

Una sfida così articolata, seguita da azioni concrete, ci consente di uscire dal provincialismo, dal minimalismo e dell’autoreferenzialità, nostri mali congeniti, per diventare tutti consapevoli cittadini del mondo.

Su questi due pilastri, memoria e progettazione del futuro, oggi poggia anche l’opportunità di uscire dalla desolante contemporaneità, rappresentata dell’attimo e da un presente sradicato dal passato, perciò privo di futuro. Credo che stia qui la nuova sfida che la Fondazione Molise Cultura, si accinge a fare con “Quarta Dimensione”.

Questa nuova esperienza sarà sicuramente anche uno stimolo per un risveglio, in particolare della classe dirigente e un monito per tutti di saper guardare con maggiore attenzione e lungimiranza alle nuove generazioni, anche per evitare anatemi futuri, come ricordano Fred Buongusto e Giuseppe Iovine.

Ed infine, anche per queste complessità di ruolo e di obiettivi che ci si prefigge di raggiungere con il giornale, non possiamo esimerci dal fare gli auguri di buon lavoro al Direttore della testata, Pasquale Di Bello, alla redazione ed ai collaboratori attuali e futuri.

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